venerdì 25 maggio 2007

al mio papà

Vorrei…anzi, voglio…

Ho appena finito di vedere, sentire e …….il dvd di Antonio Pennacchi, una delle persone più importanti della mia vita e non voglio dire il perché , ma, probabilmente, lui capirà, perché ai suoi fratelli e a lui, è legata la mia infanzia e la mia vita.
Lui è…è stato e …sarà Antonio; con il suo amore smisurato per questa città e per le sue origini ( leggasi famiglia), dimostrato a modo suo, è vero, e per il suo amore forte e dolce per il mio papà.
Per tutti questi anni, 30, dal giorno in cui è mancato mio padre, io penso di non aver fatto pace né con la sua morte, né con questa città.
Una città che continuo ad amare e ad odiare, una città in cui sono nata ( a Piazza Bruno Buozzi), cresciuta e vissuta, una città che, con il suo “stile”, sia di vita che di non vita, ha allontanato le mie figlie, che non si riconoscono appartenere a questa terra. E, tante volte, mi sono detta, che i nostri giovani, i nostri figli, vanno via per “colpa nostra”, sì, di noi tra i cinquanta e i sessant’anni che non siamo stati in grado di proseguire, con amore e cultura, il lavoro dei nostri padri.
Abbiamo lasciato la città, nella mani di persone che hanno anteposto i loro interessi all’interesse della gente, di quella stessa gente che, come mio padre, dopo anni di guerra e di stenti, qui aveva deciso di vivere e di lavorare. Il mio papà….che credeva nella politica, che del consiglio comunale aveva fatto parte, nei tempi lontani in cui la politica era, come dovrebbe essere, vita…vita onesta e laboriosa, di gente che voleva fare e dire e pensare…..
E, proprio il suo essere così convinto delle sue idee, dei suoi ideali, le devastazioni di sei anni di prigionia, l’hanno portato via presto, troppo presto per me che, come figlia, ancora sento il bisogno della sua voce, della sua voce di quando stava bene, forte, determinata e terribilmente dolce, di quando trovavo rifugio in lui e prendevo forza da lui.
E, per anni, ho vissuto ovattata, anche io, come tanti, dicendo…parlando….lamentandomi….come se di questa città non fossi una parte, anche se piccola, come se non potessi altro che….parole….parole e parole….dette nei luoghi sbagliati o dove pochi potessero sentire, anche quando, alla morte di mio padre, ci sono voluti cinque lunghi anni e tre “trasferimenti”, per dargli definitiva sepoltura !!!!!.
E adesso, dopo aver sentito e visto Antonio e aver per un attimo, rivisto in lui papà, con al sua foga e la sua determinazione, ho pensato che…vorrei…anzi no, voglio o rivoglio la mia città, quella che conosco, quella della mia infanzia, dei mie giochi, dei miei primi dolori o gioie, ma voglio quella città, quella che è stata nei cuori dei nostri padri, di quelli che l’hanno veramente amata e vissuta con la speranza, forte e risoluta, di chi è abituato a lavorare e a credere in un ideale di vita, di vita vera.

Ciao, Papà!